C’è un vecchio detto ricorrente che dice: “Chi sa fare fa, chi non sa fare insegna”. Questo vecchio motto, presente in parecchie varianti, è adattabile a qualsiasi ambito lavorativo, specialmente nell’ambiente scolastico. C’è troppa gente che siede in cattedra ma non sa fare. Per essere completi, bisogna ‘sapere, saper fare e saper essere’ e ognuna è imprescindibile dalle altre, per essere migliore nel tuo lavoro devi possederle tutte e tre.
La scuola dovrebbe essere un luogo nel quale le menti e i talenti possano venire a galla ed essere coltivati. Un luogo dove crescere, migliorarsi, apprendere, che dovrebbe aiutare i ragazzi a comprendere quale sia la strada più giusta da imboccare per il futuro, per un lavoro e per la vita vera fuori da quelle mura sicure. Quindi il ruolo più importante all’interno dell’ambito scolastico lo hanno i maestri, i professori, i docenti che si incontrano durante i vari anni scolastici.
Che rapporto i docenti creano con i loro studenti? Instaurate relazioni o semplicemente vi attenete a distribuire nozioni con la speranza che lo studente apprenda?
L’obiettivo della comunità scolastica è quello di creare un clima nel quale ogni studente si senta motivato a migliorare, a prescindere da quelle che sono le sue abilità/competenze (che devono essere chiare per coloro che si accingono ad accompagnarlo nel suo processo evolutivo di apprendimento), in modo da porlo nella condizione di poter apprendere, pur con tempi e modalità diversificate. Capita spesso di trovare all’interno dell’istituzione scolastica docenti che trattano i ragazzi come nomi isolati da vite e sogni, come voti e numeri senza alcun valore serio, che valorizzano alcuni e penalizzano altri.
Allora ritorna la frase iniziale. Per essere completi bisogna sapere, saper fare e saper essere. I docenti alle volte si dimenticano uno dei tre passaggi imprescindibili, “sapere” le nozioni tecniche è alla base del bagaglio di un docente, “saper fare” dunque insegnare risulta facile per chi sa molto di più rispetto agli alunni (anche se sono da rivedere e da migliorare un paio di metodologie usate). Ma “saper essere” non si impara da nessuna parte, ed è proprio questo che differenzia i vari docenti, il loro ‘essere’ passa attraverso ciò che insegnano, ciò che trasmettono e come lo fanno.
Siamo stati tutti alunni, ma forse pochi se ne ricordano, tutti ci siamo passati, tutti hanno amato e odiato la scuola. Anche voi docenti siete stati ragazzi, siete stati dietro quei banchi, siete stati anche voi numeri, voti e volti sconosciuti per alcuni insegnanti. Quindi, come mai, quando passate dall’altro lato, non riuscite a ribaltare queste situazioni, cercando di migliorare l’istituzione scolastica e a migliorare quei temuti rapporti docenti/alunni, ma vi limitate a ricoprire sempre i classici ruoli che anche voi avete temuto? Non cadete nell’errore di diventare aggressivi, autoritari e indifferenti, perché anche se umani, siete adulti e dovreste lasciare angosce, perplessità e insoddisfazione fuori dalle aule di scuola e affrontare ogni giornata con l’obiettivo che qualcosa di migliore possa sempre sorprendervi.
La cattedra è un posto così distante se visto da dietro quei banchi piccoli e lontani, quindi tu docente, scendi, vai da loro, cerca di capirli, di aiutarli, di sostenerli. Cercate di “essere” di più, prima di trasmettere solo il vostro sapere. Perché chi si sente apprezzato, chi si sente supportato, migliora. Chi invece si sente penalizzato da una sua mancanza accrescerà sempre più il senso di fallimento e non riuscirà mai a migliorarsi.
Come sostiene Einstein, “Ognuno è un genio, ma se si giudica un pesce dalla sua capacità di arrampicarsi sugli alberi, lui passerà l’intera vita a credersi stupido”
Noi ragazzi ci affidiamo a voi, siate custodi del nostro futuro.
Stefania Sciancalepore