Ecco a voi un articolo molto interessante del caro amico architetto Bartolo di Pierro, apparso su Insieme, bimestrale di informazione e formazione della parrocchia san Silvestro a Bisceglie. Una intelligente ricostruzione dell’architettura fra filosofia, teologia e fede.
Fermati a guardare il cielo in una notte stellata e tenta di immaginare dove possa terminare l’universo che ti circonda. Miliardi di anni luce di ampiezza cosmica. Lo splendore sconfinato dello spazio del Creato. Il tremore che stai provando è la sublime consapevolezza della dimensione di te che esisti all’interno delle dimensioni indeterminabili della Natura, nell’ordine voluto da Colui che è incontenibile nello Spazio perché ne è oltre, Creatore e Padre.
Ora che hai compreso chi sei e dove sei ,prova a immaginare che tutte le sconvolgenti emozioni di questa acquisita consapevolezza tu debba rappresentarle, ,attraverso una tua libera e personale conformazione, in uno spazio piccolo, piccolissimo, diciamo 100, 1.000, 10.000 metri quadrati per un’altezza di 3, 30 o 300 metri. Questa è l’Architettura: il continuo e rinnovato racconto dell’incontro interiore dell’Uomo con l’incommensurabilità della Natura e con l’infinitezza di Dio Padre. È sempre il medesimo racconto che si narra da millenni,sia che si progetti un cucchiaio o che si pianifichi una megalopoli. È il racconto della nostalgia di un infinito che si costringe in un finito, di una libertà senza vincoli che si restringe in un chiuso, di un bisogno d’amore assoluto e eterno che si adatta al contingente e al precario.
Il suo destino l’Architettura lo porta scritto nel proprio nome. Due parole greche riunite: Arche e Tekton. Da un lato c’è l’Arche che per i greci significava il principio primo e ultimo, la ragione profonda dell’esistenza del mondo,il senso del suo divenire. Arche è ciò che noi cristiani identifichiamo con Dio. Dall’ altro lato c’e il Tekton parola da cui derivano i termini “tecnica” “tecnologia” “tetto” Il Tekton esprime la capacità umana di manipolare la materia di Natura per farne tetto, cioè copertura, protezione. L’Architettura è quindi un’arte mistica nel suo pragmatismo, escatologica nella sua concretezza, evocativa nella sua materialità. L’Architettura in fondo è una metafora della condizione umana: siamo un pezzo di Natura, inserito nei meccanismi di necessità del mondo fisico,che, nella sua libertà, brama Dio. Una bella definizione di Architettura infatti è quella che definisce il suo elevarsi solido come la gioia della Terra nel suo andare incontro al Cielo.
Ma vediamo, con qualche esempio , come si compie, nello spazio architettonico, l’incontro fra Uomo, Natura e Dio. Nell’architettura romanica e bizantina l’affacciarsi del divino nello spazio liturgico viene rappresentato con la conformazione concava degli sfondi spaziali: gli absidi e le cupole. La concavità rappresenta visivamente l’assenza di un punto di fuga,simboleggia muri paralleli che si incontrano all’infinito. Le absidi e le cupole sono un varco metafisico attraverso cui la corte celeste si mostra a noi in mosaici policromi su sfondi dorati. L’innesto sulla dottrina cristiana del pensiero platonico e plotiniano, operato da S.Agostino, aprì la via a un diverso modo di rappresentare il divino. Se per Plotino la realtà non è altro che il risultato della esondazione del Bene divino, per l’architettura gotica questa esondazione divina diviene emanazione di luce proveniente dall’alto, attraverso ampie vetrate policrome.
È così che l’abate Suger realizza, nella cattedrale di Saint Denis, la sua rappresentazione della Gerusalemme Celeste e inventa lo stile gotico. Brunelleschi nel San Lorenzo di Firenze, nel 400, sconvolge quello spazio gotico. Il nuovo vento erode i pilastri lobati fino a ridurli ad esili colonne in pietra serena. Lo spazio si apre e si amplifica con la sequenza ordinata e ritmica di archi regolari su sfondi murari intonacati a calce. La prospettiva, come metodo costruttivo e rappresentativo, esalta l’Uomo come protagonista della esperienza visiva, vissuta all’interno di un ambiente dal ritmo ordinato di un susseguirsi di arcate, metafora della Natura. Il punto di fuga, dove ogni linea converge è Dio. Nel 600, la risoluzione del horror vacui aristotelico aprì la via alla plastica conformazione spaziale barocca. Gli involucri murari e i ritmi colonnati non riescono più a contenere la potenza vacua dello spazio. Lo spazio preme e deforma i limiti fisici modellandoli, rigonfiandoli, ondulandoli. È l’immagine dell’effetto del soffio del verbo divino sulla realtà. Con la modernità, quei muri rigonfi cadranno e rimarranno in piedi solo lastre di vetro. Nella trasparenza contemporanea Uomo Natura e Cielo si riunificheranno?
Bartolo Di Pierro