Si tende a credere che i supereroi appartengano al mondo della fantascienza, che è tutto frutto di immaginazione e che si può vedere soltanto nei film.
In certi casi però non è così. A volte i supereroi possono esistere per davvero ed avere anche soltanto 18 anni. È il caso di Francesco Busnello, un giovane qualsiasi che in una notte del 1985 diventò il primo donatore d’organo in Italia. Mentre la sua anima saliva al cielo, un altro ragazzo tornava a vivere grazie al cuore di Francesco. Per un evento così straordinario era inevitabile che i riflettori venissero puntati su di loro; proprio per questo della prima donazione si conoscono i nomi e cognomi dei protagonisti.
Oggi, invece, fortunatamente o meno, tutto si svolge nell’anonimato. La tematica della donazione degli organi è tanto interessante quanto difficile. Difficile per chi deve scegliere di donare o chi deve scegliere di ricevere. In entrambe le posizioni ci sono problematiche collegate alla pre e post donazione.
C’è chi sostiene che il trapianto è l’unica via possibile per sopravvivere; per altre persone è la speranza di guarire dalla grave malattia o l’occasione per migliorare la qualità della vita. Se si ha la possibilità di poter mantenere accesa la luce di più vite nel momento in cui se ne spegne una, perché non farlo?
La decisione che spetta prendere ai familiari del deceduto è difficile in quel particolare momento. Dai questionari del Centro Nazionale Trapianti si evince che uno dei principali fattori che incide sulla decisione negativa è la difficoltà di spiegazione della morte cerebrale ai familiari. In Italia, infatti, vengono riconosciuti due diversi tipi di morte: la morte per cessazione cardiaca e la morte encefalica, ovvero una situazione del paziente per cui il cuore è ancora battente e il sangue circolante, anche se la respirazione viene indotta artificialmente.
Riguardo l’anonimato, questo tutela entrambi i protagonisti dell’atto. Se da una parte si sa di storie in cui i familiari dei donatori si sentono quasi in “diritto” di poter decidere sulle sorti del ricevente, o di poter lucrare qualcosa dalla donazione, dall’altra parte ci sono storie in cui il ricevente non accetta l’organo che è stato donato da una persona di sesso, religione, etnia diversa dalla propria.
Così come dice Francesca Alfonsi, psicologa e psicoterapeuta del Coordinamento Donazione Organi e Tessuti del Policlinico Tor Vergata di Roma: “Il familiare del donatore non deve vedere nel ricevente il prolungamento del proprio caro. E il ricevente deve essere libero di sentirsi se stesso”.
La donazione degli organi è un grande atto, che ha bisogno di una lunga riflessione ma che potrebbe facilitare la scelta dei propri cari. Esistono associazioni che si dedicano a tutelare le volontà di ciascuno di noi. L’A.I.D.O., per esempio, è impegnata per la tutela della salute, della vita e per la cultura del dono. La Lega Nazionale contro la Predazione di Organi e la Morte a Cuore Battente, invece, si batte per l’abolizione della dichiarazione di “morte cerebrale” a cuore battente, imposta dalla legge per espianti-trapianti.
E tu saresti disposto a donare il tuo “cuore” ad uno sconosciuto?
Simona De Toma